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IO LEGGO/28: GANDHI E L’ARTE DEL COMUNICARE

 

Margherita Marincola: Gandhi e l’arte di comunicare

di Antonio Fresa

 

Gandhi e l’arte del comunicare” è il titolo di un’interessante ricerca pubblicata dalla giovane ricercatrice Margherita Marincola.

L’immagine di Gandhi, così com’è facilmente riscontrabile nel flusso dell’informazione, è quella di un uomo che ha saputo fare di se stesso un’icona per il proprio messaggio politico.

L’indagine che Marincola conduce può essere, quindi, data la distanza storica che separa il personaggio in questione dalla diffusione della rete, un’interessante occasione di riflessione sul reale o ipotizzato potere della rete e sulla qualità dei messaggi – palesi o nascosti – che essa può veicolare.

Che rapporto avrebbe avuto Gandhi con la rete? Il Mahatma ha dovuto ingegnarsi e trovare i modi più adatti per rivolgersi al maggior numero di persone possibile, in un territorio vasto e composito con circa 700.000 villaggi e diverse centinaia di milioni di persone che parlavano lingue diverse. E ci è riuscito, senza radio, senza cinema o televisione e soprattutto senza Internet. E’ un esempio istruttivo per noi che quasi non riusciamo a immaginare la nostra vita quotidiana senza la rete. Ovviamente, Gandhi si troverebbe anche alle prese con la questione del digital divide (divario digitale).

Lo scopo del Mahatma era di comunicare con la gente, nel senso di “mettere in comune”, far partecipare gli interlocutori sollecitando un feedback immediato. Insomma, alla base del suo agire c’era la ricerca di una partecipazione attiva e non passiva della massa.

Per assicurare la massima coerenza al suo movimento, Gandhi si espose molto in prima persona. “My life is my message”, in altre parole “La mia vita è il mio messaggio”: ciò che predicava lo praticava lui stesso.

La sua, inoltre, era una comunicazione di tipo orizzontale: il dialogo era fondamentale, non tanto per distruggere l’avversario quanto per convincerlo a una pacifica convivenza basata sull’eguaglianza e il rispetto di tutti.

Uno tra i tanti esempi è individuabile nei modi che lo portarono alla scelta del termine Satyagraha.

Per trovare la definizione più adatta al suo movimento, Gandhi promosse un concorso aperto ai lettori di una sua testata in Sudafrica. La parola selezionata fu Sadagraha che poi Gandhi trasformò in Satyagraha, che significa letteralmente forza della verità.

Anche il linguaggio simbolico ha avuto una grande importanza per il crescere del suo movimento. Il Mahatma ha promosso vari movimenti con nomi e slogan immediati ed efficaci, di una semplicità e comprensibilità universale.

Insomma, gli strumenti possono essere essenziali, ma alla base resta necessaria la profondità e l’ampiezza del messaggio che Gandhi riuscì a diffondere e incarnare.

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